martedì 30 marzo 2010

Communication breakdown


Passano i giorni, mi sembra di essere qua da tanto tempo, ma chissà, nel mondo reale magari è poco che son partita? Quello che ho capito è che faccio veramente fatica a tenere i rapporti con l'Italia. Per il telefono, basta fare una scheda e si puo' chiamare a prezzo ridotto. Per le videochiamate "basta" andare all'intenet point quaggiù, dove devi pregare in cinese di fari dare una postazione con webcam, che fa vedere tutto nebuloso (nostalgia di Gagarin?). Ma non è molto pratico mettersi d'accordo su quando fare la videochiamata, poi ci si mette anche il fuso orario, e via! Ci si possono mandare mail, ma non ho ancora internet per conto mio, non posso controllarlo tutti i giorni!
Ma aldilà del mezzo di comunicazione più o meno pratico, la vera sfida dello student abroad non è non prendersela se, mentre all'inizio chiunque ti bombardava di mail, dopo un mese che sei fuori da qualsiasi giro muori virutualmente. Perchè mentre prima ti scrivevano tutti e tu rispondevi svogliatamente, adesso qualsiasi manifestazione di minima partecipazione sembra un miracolo! La vera sfida pero' è non arrabbiarsi se, una volta stabilito il contatto, gli altri non ti capiscono. Perchè la vita qua a un italiano non si puo' spiegare. C'è chi ha la presunzione di sapere come va, c'è chi prova a darti consigli che fan ridere i polli. Ma se qualcuno me l'avesse raccontato, io non ci avrei creduto! Qui tutto sembra volto a cercare di ridurre l'essere umano a qualcosa di inumano. Forse io sono stata troppo viziata, ma c'è veramente divieto di fare quasiasi cosa. Ovvio che noi ci organizziamo, perchè dobbiamo pur sopravvivere, ma è proprio dura. Ieri mi sono ripromessa di smettere di arrabbiarmi se non vengo capita, perchè succede esattamente lo stesso alle mie compagne di camera. E se proprio avro' da dire qualcosa, diro' ai miei interlocutori quello che vogliono sentirsi rispondere, senza esagerare. Va solo accettato che questo gap culturale non puo' essere ignorato, c'è e si fa sentire.

lunedì 29 marzo 2010

Danger danger



“Se andavo in erasmus nella Giungla ero più sicura” E. F.



Mi sembra doveroso scrivere qualche riga su quello che è successo stamattina. Premetto che la mia carriera di giornalista senza frontiere puo’ allegramente andare a farsi benedire, perché stamattina io ero bella febbricitante nel lettino dello studentato. Invece le mie amiche sono andare all’università e si sono accorte subito che qualcosa non andava, perché non c’era nessuno, e arrivate in aula una prof mancava, e l’altra era in preda al panico perché era scesa dalla metro pochi minuti prima degli attentati.

Si tratta di tre eventi avvenuti in poca distanza uno dall’altro, sulla linea rossa della metro (noi stiamo più o meno al capolinea sud di questa linea). La rossa va dalla parte sud ovest a quella nord est e ovviamente passa per il centro. Le stazioni colpite sono quelle di Park Kulturij e Lubianka, vicino alla sede del FSB (ex KGB), più una che non ho ancora capito quale sia (per adesso la stampa italiana ne indica solo due).
Sono, manco a dirlo, i separatisti ceceni gli autori dell’attentato, due donne kamikaze. Qua dicono che non risulta vittima nessun cittadino del’Unione Europa: del resto una bomba nella metro alle sette e quarantacinque di lunedì mattina è rivolta a chi in Russia ci vive e lavora.
Noi adesso che dovremmo fare? Stare qua un mese e mezzo senza prendere la metro non è neanche immaginabile, perché moriremmo di squallore piuttosto che di rivendicazioni politiche. Del resto poteva capitarci ieri che siamo state tutto il giorno in centro e abbiamo fatto non so quanti cambi di metro! E proprio ieri ho prenotato il volo di ritorno, quel bonaccione di Putin mica penserà di chiudere le frontiere?

mercoledì 24 marzo 2010

Alcune curiosità sulla Russia

Ci sono tante cose di questo paese che mi lasciano basita. Proverò a elencarle, dato che non posso fare un post per ogni cosa che mi sciocca, altrimenti starei sempre incollata al computer, cosa abbastanza impossibile perché 1. Attualmente scrocco internet dall’Eleonora 2. Vivo facendo i compiti che mi da Raperonzolo, una mia simpatica prof.

Celentano e Albano. Non capisco perché siano così famosi qui, e perché fanno i concerti nei palasport. Così quando i russi pensano alla musica italiana si ricordano di loro… non spero che sappiano chi era De Andrè, ma almeno… Battisti! Domenica scorsa passeggiavamo per un boulevard e siamo incappate in una gigantografia di Toto Cotugno, lampadato e lipstickato.
Lo strano concetto dell’igiene. I gabinetti sono in una stanzetta separata dal bagno, senza bidet, e fin qui lo sanno tutti che ci si lava il culo solo in Italia. Ma sapete, cari amici, che se si entra in un bagno pubblico (di un’università o di un ufficio, non certo di un locale in centro alla moda per europei) la carta igienica si deve prendere vicino ai lavandini, perché nelle cabine non c’è, e dopo averla usata non va buttata nel wc, ma in un cestino accanto che vi lascio immaginare che profumo di violette puo’ emanare. Who knows why. Inoltre nel periodo estivo, che va dal 31 luglio al 5 agosto suppongo, per non soffrire troppo il caldo lo stato toglie il servizio dell’acqua calda, di sicuro a Mosca, non so se in tutta la Russia.
La troia dell’ufficio. Oggi le mie coinquiline sono andate a lottare per l’ennesima volta contro la burocrazia russa per cercare di avere internet veloce in camera. Hanno trovato una tizia nell’ufficio rubata dalla strada, vestita con un corpetto di pizzo e un cappellino di lattex nero che flirtava con un quattordicenne. Dicono che è stata una scena orribile. Qua non so perché ci sono alcune tardone che si vestono come se fossero uscite da Amarcord. Ci perplime ma ci piace!
La piscina degli Охрана. In questi giorni di primavera (!) la temperatura è salita fino allo zero, ewwai! Quindi adesso invece di nevicare, piove. E la pioggia scioglie i metri di neve sul marciapiede. Praticamente qua è tutta un’enorme pozzanghera ed è tutto lasciato alla boia d’un giuda, quindi spesso non c’è spazio tra la fine del marciapiede e la strada. Non ti resta che guadare il fiume e sperare che la pozza non sia profonda. Io ormai me ne frego e vado in giro in converse, non ne posso più di portare gli stivalacci neri da wolk che uso da novembre (non vedranno mai più l’Italia comunque).

domenica 14 marzo 2010

U nas est DRUG!

Questo venerdì abbiamo compiuto un mese di Russia. Piano piano sto cominciando a ingranare, anche se le mie “”””conversazioni”””” non vanno più in là dei temini che abbiamo preparato per l’esame del primo anno: la mia famiglia, la mia casa, i miei viaggi… i miei viaggi no, visto che i verbi di moto sono troppo difficili! Pero’ è accaduto un miracolo. Dopo le lezioni, mentre stavamo parlando tra di noi in corridoio, è spuntato un ragazzo russo che ci ha fatto il verso e ha cominciato a parlare italiano con noi! Ovviamente in una conversazione di venti minuti è subito saltata fuori la gaffe di Berlusconi a proposito della vittoria alle elezioni di Obama, ma a parte i soliti luoghi comuni, ci siamo scambiati il numero e sabato siamo andati a bere una birra all togheter in simpatia e amicizia! Il primo gesto di simpatia disinteressata che riceviamo da quando siamo qua!
La serata è stata molto carina, salvo in un primo momento, quando aveva deciso di farci fare una passeggiata al gelo polare nei dintorni della piazza rossa, che abbiamo visto per l’ennesima volta… Ma quando si è accorto che stavamo gelando siamo andati a cena in un pub molto carino (cioè… non tamarro!) e affollato. Ci ha raccontato molte cose sulla Russia senza il “filtro ufficiale”, ad esempio che tutti odiano i miliziani, e che noi quattro siamo le uniche che li chiamano così, senza sostituirli con la parola “spazzatura” (ovviamente non mi ricordo come si dice in russo… eh eh ). La differenza tra ricchi e poveri è evidente e non c’è una classe media, un professore guadagna 15.000 rubli al mese (375 euro), se sei disposto a pagare hai tutte le strade aperte, dal permesso di rientrare nello studentato dopo il coprifuoco alla possibilità di passare un esame senza studiare. Questo spiega perché la biblioteca al RUDN è sempre vuota e la gente dorme a lezione! A un certo punto il discorso è caduto sugli uomini ricchi che sposano donne motlo più giovani, e lui ci ha detto che (non sono ancora sicura di aver capito bene perchè gli ho riso in faccia) da loro si chiamano "Alfonso" (???)
Tutta questa immersione nell’awful truth moscovita è stata condita dalla compagnia dei nostri vicini di tavolo, una comitiva di russi ubriachi marci alle nove di sera. Erano stupendi! Alcuni dalle facce sembravano dei quindicenni alla prima sbronza. Uno, alto e con la stazza e la leggerezza di un bisonte ha passato la serata a fare la spola tra il suo tavolo e il bagno, con la faccia bianca e sudata, decorata da alcune macchie verde-marrone di qualche sostanza non identificata. Ogni volta che passava dal nostro tavolo ci veniva contro e come l’Orda d’Oro non lasciava nulla dietro di sé. Ma il vero protagonista della serata è stato uno tipo che, vista la nostra situazione inusuale (un uomo con quattro donne) ha cominciato a complimentarsi con Damir, il nostro amico, che per difenderci ha detto che eravamo tedesche (non ho ancora capito perché). Allora il tipo ha cominciato ad attaccarci una pezza dicendo che Hitler è una merda e suo nonno è stato ferito in guerra ecc ecc.. ma ha concluso tutto con un bel “drujbi narodov” (amicizia tra i popoli)! I suoi amici nel frattempo lo stavano scacciando dal locale e lui, che era vicino a me, teneva tra le mani un bicchiere di birra che oscillava pericolosamente. Dopo vari “drug,davai piat!” (amico, dammi il cinque!!) se n’è andato, ma fortunatamente è tornato tre quattro volte perché aveva perso delle cose per terra (tra cui forse la sua dignità), e una di queste volte ha esordito con: “HELLO! Mi vernulis’!” (HELLO! Siamo tornati!) a metà tra il gioviale e la minaccia.
Ecco, non sarà stato come il concerto di Adam Green ma mi sono divertita parecchio!

mercoledì 10 marzo 2010

Fabbrico forse gattini?


Stamattina la nostra prof, verso metà lezione, si è ricordata che aveva qualcosa da dirci. Ci ha consigliato caldamente, durante la settimana del 20 aprile, giorno in cui cade l’anniversario della nascita di Adolf Hitler, di non parlare nella nostra lingua. Infatti per festeggiare il lieto evento qui a Mosca organizzano, già da qualche anno, un festival di musica rock che richiama i neonazisti di tutte le Russie. La durata è di quattro- cinque giorni, e in questo periodo gli studenti stranieri devono stare attenti a non andare troppo a giro se non vogliono essere riempiti di botte. Tutto questo ci viene spiegato con molta calma, mentre la prof scrive alla lavagna 112, il numero della polizia, da chiamare in caso di anfibiate nei denti. Ci assicura che i soccorsi arrivano molto rapidamente.
I nostri colleghi cinesi sembravano tranquilli, ma avranno capito bene? O forse ci sono abituati? Loro studiano qua già da due anni. Io non l’ho presa mica tanto bene. Pensavamo di cogliere l’occasione per fare la gita a San Pietroburgo in quei giorni, sempre se non ci murano dentro lo studentato, perché leggendo qua e là ho trovato un articolo che spiega come l’università faccia firmare un documento in cui questa declina ogni responsabilità di tutela degli studenti stranieri che intendono uscire dai dormitori. Comincio a capire che cosa puo’ voler dire non essere il benvenuto in un paese straniero.

lunedì 8 marzo 2010

C 8 марта!


Oggi è la festa della donna... e il funerale del portafogli dei russi. In Italia se la cavano con un mazzolino di mimose strappato dalle aiuole dell’autostrada, o al limite con uno striminzito “tanti auguri”. Invece qua sono giorni che vedo uomini che trafficano con pacchetti di cioccolatini, porcherie varie e giganteschi orsetti di peluche. Sono veramente imbarazzanti, questi tamarri innamorati. Intanto noi non andiamo a scuola, perché qui è festa nazionale! Tra l’altro, dopo una approfondita ricerca su Wikipedia, abbiamo scoperto che la festa della donna è nata in Russia come una giornata nazionale dell’operaia, o qualcosa di simile, in seguito a uno sciopero di lavoratrici di San Pietroburgo. Dopo la Seconda Guerra Mondiale è stata istituita in tutto il mondo come festa della donna e ha perso le sue connotazioni politiche. La storia delle operaie lasciate morire durante un incendio negli Stati Uniti è una leggenda metropolitana, chissà,magari inventata per distrarre l’attenzione dalla madre Russia. Come al solito, americani brutti, cattivi e ignoranti.
Personalmente io adoro l'otto marzo, perchè oltretutto mi fa pensare all'inizio della primavera. Inizio che qui non sentiamo, perché le temperature si sono di nuovo abbassate e siamo ancora a meno cinque, meno otto. Pero' oggi è una bella giornata perchè, come fanno sempre prima di una festa, sparano non so che sostanze chimiche che liberano il cielo dalle nuvole... che potenza!
Penso, come sempre, a Una donna, la canzone di Gaber, penso alle mie amiche, che sono donne meravigliose, a me, a quanto siamo lontane dall'ideale di donna che vorremmo essere, a quante belle bugie ci raccontiamo, quanto siamo generose nel perdonare. Spero che crescendo riusciremo ad acquisire più polso. Quello che è sicuro è che dobbiamo essere sempre, sempre, sempre vigili, ci vorrà sempre uno sforzo in più per farsi rispettare.

Una donna

Una donna fasciata in un abito elegante
una donna che custodisce il bello
una donna felice di essere serpente
una donna infelice di essere questo e quello.

Una donna che a dispetto degli uomini
diffida di quelle cose bianche
che sono le stelle e le lune
una donna cui non piace la fedeltà del cane.

Una donna nuova, appena nata
antica e dignitosa come una regina
una donna sicura e temuta
una donna volgare come una padrona.

Una donna così sospirata
una donna che nasconde tutto
nel suo incomprensibile interno
e che invece è uno spirito chiaro come il giorno.

Una donna, una donna, una donna.

Una donna talmente normale
che rischia di sembrare originale
uno strano animale, debole e forte
in armonia con tutto anche con la morte.

Una donna così generosa
una donna che sa accendere il fuoco
che sa fare l’amore
e che vuole un uomo concreto come un sognatore.

Una donna, una donna, una donna.

Una donna che resiste tenace
una donna diversa e sempre uguale
una donna eterna che crede nella specie
una donna che si ostina ad essere immortale.

Una donna che non conosce
quella stupida emozione
più o meno vanitosa
una donna che nei salotti non fa la spiritosa.

E se questo bisogno maledetto
lasciasse in pace i suoi desideri
e se non le facessero più effetto
i finti amori dei corteggiatori
allora ci sarebbero gli uomini
e un mondo di donne talmente belle
da non avere bisogno
di affezionarsi alla menzogna del nostro sogno.

domenica 7 marzo 2010

ССРАЗУ СЕКС С ВЛАДИМИРОМ!



Ieri sono stata, finalmente direi, al museo di Majakovskij! Dopo quasi un mese… era la prima cosa che volevo vedere! La mia pretenziosa guida Lonely planet sentenzia che sia gestita dalla nipote, non saprei, in tutto c’erano tre vecchie esaurite, una al guardaroba (e escluderei che fosse lei), una all’ultimo piano che girava con un giubbino imbottito tipo quello di Michael J. Fox in Ritorno dal futuro più una maglietta senza maniche sotto e un’altra senza nessuna connotazione particolare, ma comunque scazzata.

Il museo è disposto su tre piani, dal primo di passa al terzo e poi al secondo, a ogni piano ci sono ammassate cianfrusaglie, poesie scritte a mano, copertine delle edizioni originali, lettere, articoli di giornale, il SUO COSTUMINO da bagno, le sue scarpe (eeenormi!), le sue foto da ssssssuper gnocco… tutto disposto nel modo più incasinato possibile, per farti sentire l’aria che si respirava nel clima delle avanguardie e in particolare nello spirito del cubo futurismo (il futuro sta arrivando adesso adeSSo ADESSO…)


Ho visto la copertina della raccolta Облоко в станах! La stanza dove ha vissuto gli ultimi mesi della sua vita! La foto con Lili Brik! Poi c’è tutta una parete di sue foto in tutte le salse, in versione Rimbaud quando si vestiva da idiota, in versione mio uomo ideale, in versione palla da biliardo… sempre, sempre, sempre passero. Insomma, ssubito sesso con Тов. Vladimir Vladimirovich! Peccato che… come dire, non sia molto fattibile. C’era anche l’articolo di giornale che annunciava la morte di Esenin, e accanto le tre ultime righe della poesie che Majakovskij gli ha dedicato:
In questa vita
non è difficile
morire.
Vivere
è di gran lunga più difficile.

Sono uscita in preda a crisi di pianto/ormonali,ma che esperienza meravigliosa. Lo consiglio anche a chi non ama il poeta alla follia, è molto interessante. Magari puo’ essere utile leggersi la vita e le opere prima di entrare, perché non ci sono spiegazioni, se non in russo, e la disposizione degli oggetti potrebbe sembrare disorientante, invece un minimo di logica io ce l’ho trovata. Fateci un salto se ce la fate… tanto è dietro l’angolo!

venerdì 5 marzo 2010

Sesso con l’Охрана

Dopo aver fatto conoscenza con le fighettine che popolano la mia facoltà, vi mostro l’altra metà del cielo: i maschietti. Alla RUDN (la mia università) sono in netta minoranza, probabilmente perché, oltre al fatto che in tutta la Madre Russia gli uomini sono circa uno su tre, molti di loro preferiscono allo studio una bella e sicura carriera nella milizia, come abbiamo ipotizzato noi. Anche perchè è il modo più sicuro per estorcere i soldi per la vodka. Ci sono diversi tipi di forze dell’ordine, tutte brutte e (più o meno) cattive. Elenchero’ sono quelle che sono riuscita a vedere e riconoscere, dai più paciocconi ai più …brrr. Casomai apportero’ modifiche in seguito.

- Bidello dell’ostello
Sono quelle (i?) che stanno di guardia ai tornelli dei nostri appartamenti. Perché, invece di munirci di pratico tesserino elettromagnetico che consente una notevole autonomia all’uomo moderno ci hanno messo queste povere donne? Stanno in un gabbiottino tutto il giorno e controllano chi entra e chi esce. Devi mostrare loro un lasciapassare (propusk), a quel punto loro con un grugnito amichevole ti lasciano accedere al tuo appartamento. Anche se sembrano molto antipatiche, sono solo delle povere babushke che fanno un lavoro di merda, e verranno pagate una miseria. Non si sa da dove vengano generate perché sono tutte basse, corpulente e molto mascoline, una vera rarità qui.
- Wolk della steppa
Sono contraddistinti da un bellissimo copricapo peloso e un pratico e casual completino grigio topo. Li ho visti a giro per le strade e non ho precisamente idea di quale sia la loro occupazione, cerchero’ di indagare… da lontano. Girano con dei manganelli discretamente lunghi, non so se sia più una forma di compensazione o semplicemente la passione per le ossa rotte.
- Armata Rossa non official
Questi sono in assoluto i miei preferiti. Li ho incontrati la prima volta nella metro. Sono circondati da un’aura di mistero e timore, perchè ti teletrasportano вдруг alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Girano con dei cappotti verde militare lunghi fin sotto il ginocchio, cappello dal quale è stata rimossa la falce e il martello, manganello e espressione di ghiaccio, come i Mangiamorte di Harry Potter, che ti rubano l’anima. Non sono mai stata in grado di fissarli, riesco solo a guardarli di sbieco da quanto fanno paura. Si muovono sempre in due- quattro e hanno tanta voglia di uccidere. Sono così…sovietici. Ci domandiamo come non si sia debellata la criminalità a Mosca, visto che il solo pensare di farli arrabbiare mi terrorizza.